Architecture draws its primacy from being the foundation act of any human expression, the latter then becoming an interpretation of the former. The same concept of the human being, is not conceivable independently from a spatial relation with its living environment. In this essay, the so-called “project of crisis” prompted by Modernity is described as a modality of thinking, which is completely de-territorialized. The main aim is therefore to show its aporias. Modernity, in order to free itself from the existing power relation system, assumes the “indeterminate” as its promised land to colonize and inhabit, thus performing a process of “heterogenesis of ends”. As a main consequence, architecture was doomed to become nothing more than a derivative of Planning, where the latter was assumed as the technical device to manage the anarchy of the former, as the paradoxical consequence of a rationality liberated from any form of spatial constraint. The crisis of this modality of thinking, accelerated by the financial capitalism’s failure, offers the chance to rescue back the original primacy of architecture, popping up a new possible epoch.

Nella tradizione di pensiero occidentale l’idea stessa di progetto è pregiudizialmente condizionata dalla teoria dell’azione, sviluppata a partire dall'Etica Nicomachea di Aristotele. Lo Stagirita, infatti, ne propone una classificazione del tutto strumentale al proprio tempo per effetto della quale l’architettura viene assimilata a sapere tecnico-poietico, e quindi svilita rispetto all'azione teoretico-pratica. In base alla distinzione poc'anzi richiamata, mentre la prima azione implica un fare produttivo, di natura servile, in quanto fondato su di una episteme ad esso estranea, che ha il proprio fine nell'opera, la seconda ha in sé la propria finalità, corrispondendo, non a caso, al primato indiscusso del sapere filosofico e politico, privo di fondamento alcuno che ne possa pregiudizialmente condizionare il farsi. Per quanto il Rinascimento riesca a far valere l’interpretazione del progetto come “creazione”, ovvero prestazione d’opera intellettuale, riabilitando il sapere architettonico, e la Modernità aspiri, prima attraverso l’azione liturgica e poi grazie alla sperimentazione artistica, a riabilitare forme d’azione collettiva rispetto al primato del singolo (tanto nei confronti della “perizia” artigianale quanto con riferimento al “genio” romantico), ciò che rimane impensato è la sola possibilità di una primogenitura del fare (sensibile) sul saper fare (intellegibile). Anche il fondamentale contributo innovativo di Hannah Arendt, in tal senso, pare ancora pregiudizialmente condizionato dalla presunta superiorità dell’intelletto rispetto al corpo, riconducendo la prassi al primo e scartando il secondo. La “rigenerazione urbana”, agendo all'interno di un “regime transitorio” che sfugge ad ogni possibile predeterminazione (rispetto a spazio, agenti e attività) per sua natura contingente offre, in tal senso, la possibilità di un radicale ripensamento della relazione dialettica tra sapere manuale e sapere intellettuale.

Il diritto all'architettura come "ricerca paziente". Forme del dissenso, pratiche di rivendicazione dello spazio e potere del progetto

Nicola Marzot
2019

Abstract

Architecture draws its primacy from being the foundation act of any human expression, the latter then becoming an interpretation of the former. The same concept of the human being, is not conceivable independently from a spatial relation with its living environment. In this essay, the so-called “project of crisis” prompted by Modernity is described as a modality of thinking, which is completely de-territorialized. The main aim is therefore to show its aporias. Modernity, in order to free itself from the existing power relation system, assumes the “indeterminate” as its promised land to colonize and inhabit, thus performing a process of “heterogenesis of ends”. As a main consequence, architecture was doomed to become nothing more than a derivative of Planning, where the latter was assumed as the technical device to manage the anarchy of the former, as the paradoxical consequence of a rationality liberated from any form of spatial constraint. The crisis of this modality of thinking, accelerated by the financial capitalism’s failure, offers the chance to rescue back the original primacy of architecture, popping up a new possible epoch.
2019
Marzot, Nicola
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