La persistenza di elevati tassi di disoccupazione nei maggiori paesi continentali dell'Unione europea, e l'evidenza di una limitata elasticità occupazionale che si è riflessa, anche nelle fasi ciclicamente più favorevoli, in una capacità inadeguata di riassorbimento degli eccessi d'offerta di lavoro, invitano ad una riconsiderazione degli schemi di determinazione degli esiti di saldo occupazionale a livello aggregato. Su questo terreno si é consolidata, negli anni ottanta, una linea di ricerca ed interpretazione che definiremmo, sinteticamente, di approccio di equilibrio parziale del mercato aggregato del lavoro per contesti variamente definibili di concorrenza monopolistica. Ci riferiamo, in particolare, a quegli schemi che definiscono tassi di equilibrio NAIRU a partire da un'interazione fra funzioni di spinta salariale e di regole di determinazione di prezzo e, quindi, nell'ambito sostanzialmente di un'analisi di equilibrio parziale del mercato del lavoro. L'impostazione del nostro lavoro si richiama, di certo, ad una sequenza diversa, dove gli esiti di attivazione occupazionale sono un a posteriori rispetto a livelli, e traslazioni, di domanda ed offerta aggregata a livello di un mercato finale del prodotto. Più che ad un'ambizione di contrapposizione teorica, tale approccio risponde ad un'esigenza di riproposizione della rilevanza empirica di un approccio teorico relativo alle relazioni fra esito occupazionale e dinamica della domanda finale e sue componenti. Al di là di ogni ulteriore ipotesi circa i fondamenti microeconomici della domanda di lavoro, riteniamo infatti rilevante investigare le interazioni fra andamenti di occupazione, domanda e produttività nella concreta esperienza dei paesi industriali negli anni recenti. Riteniamo, in particolare, che due punti di vista valgano la pena di essere ripresi e verificati, al fine di fornire spunti interpretativi ulteriori dell'andamento occupazionale insoddisfacente, rispetto ad un'impostazione che ne fornisce una razionalizzazione in termini di spinte salariali e di rigidità all'aggiustamento dei mercati del lavoro: la considerazione esplicita della dinamica delle componenti autonome della domanda, keynesianamente viste come la fonte primaria dell'attivazione di un circuito reddito-spesa; il ruolo "duplice"degli andamenti salariali, come elemento costitutivo del costo dell'offerta da un lato e come componente moltiplicativa di una domanda indotta di consumi dall'altro. Crescita e composizione della domanda finale, fattori distributivi legati alla variabilità del trasferimento dei guadagni di produttività sui redditi, e l'approfondimento tecnologico, colto dalla dinamica della produttività del lavoro pro-capite, forniscono nello schema proposto le dinamiche di fondo dalla cui interazione emergono le variazioni dei saldi occupazionali. Si vuole così riprendere la visione originale per cui l'occupazione è essenzialmente un esito derivato della domanda finale, e dello stato della tecnologia, e che al contempo la domanda finale attraverso la capacità di generare domanda indotta, mediante il trasferimento dei guadagni di produttività sui redditi reali, interagisce con la dinamica stessa dell'occupazione. Come nel semplice modello reddito-spesa sono le componenti esogene della domanda che determinano il reddito di equilibrio una volta noti i parametri di una moltiplicazione della domanda indotta, analogamente è possibile ottenere il volume di occupazione giustificato sulla base del livello e composizione della domanda autonoma - interna ed estera - , dei coefficienti tecnici di produzione sintetizzati nel rapporto aggregato prodotto per occupato, date le retribuzioni reali e le propensioni al consumo, quindi i parametri della componente indotta di domanda di lavoro. L'approccio che segue vuole rispettare la sequenza originale di J.M. Keynes, come delineata nel cap. 3 della General Theory, partendo da un'identità contabile fra valori correnti di flusso dell'offerta e della domanda aggregata. Semplici passaggi che rispettano l'identità di base, ci portano ad un'espressione che assume direttamente il fabbisogno di lavoro come "variabile dipendente"dell'analisi, ricollegandoci, idealmente, al pionieristico contributo di R. Kahn del 1931. Lo schema proposto viene pertanto sinteticamente definito come modello di "moltiplicatore dell'occupazione"Quello a cui si arriva è pertanto una "contabilità dell'occupazione"giustificata sulla base del contributo dei fattori di domanda e della produttività, piuttosto che un "modello" causalmente o sequenzialmente specificato. Entro questi limiti, tuttavia, crediamo che l'approccio possa risultare euristicamente efficace ai fini di una razionalizzazione delle diversità delle performance occupazionali fra paesi, e fra periodi ed episodi ciclici diversi nell'ambito di un paese. Sulla base di questa impostazione abbiamo avviato una verifica quantitativa e confronti temporali in un contesto nazionale. L'obiettivo è quello di una ricostruzione dell'andamento occupazionale "giustificato"sulla base dei fattori sopra introdotti, con opportune periodizzazioni che inquadrino in particolare il comportamento differenziale della relazione fra crescita dell'occupazione e del prodotto per episodi o fasi cicliche diverse nel recente passato. Si presentano nel seguito alcuni dei risultati raggiunti nell'analisi applicata al nostro paese, soffermandoci sulla scomposizione delle dinamiche occupazionali nel periodo 1960-1996, distinto in quattro sottoperiodi, i primi tre decenni e la prima metà degli anni novanta. La rilevanza dei fenomeni distributivi per gli andamenti occupazionali di fondo appare emergere in modo netto per l'Italia degli anni recenti, confortando la rilevanza euristica del nostro schema di fondo. Crediamo di poter esplicitare una considerazione di fondo, sulla base di tale schema analitico che abbiamo voluto mantenere essenziale: non può essere trascurata, in un'analisi di interpretazione e previsione degli andamenti occupazionali, l'incidenza di una componente "indotta"della domanda, alla quale contribuisce in misura determinante la dinamica dei redditi reali disponibili, in particolare di quelli da lavoro. Politiche macroeconomiche e politiche dei redditi che, a fronte di pur giustificate esigenze di contenimento dell'inflazione e di perseguimento di obiettivi di competitività, "bloccano"per un periodo prolungato il trasferimento dei guadagni di produttività sui redditi disponibili di una quota maggioritaria della popolazione (ci riferiamo, ad esempio, a contratti che hanno previsto il puro recupero, con ritardo, dell'aumento dei prezzi al consumo), rischiano di abbassare, in una fase positiva del ciclo, le potenzialità di "moltiplicazione"della domanda, deprimendo così la possibilità di innesco di una significativa elasticità positiva dell'occupazione rispetto al prodotto. Una dinamica positiva delle componenti autonome della spesa, ed in particolare della domanda estera, non appare almeno di recente capace, da "sola", a sostenere i livelli occupazionali, tenuto conto ovviamente dei saggi di risparmio di lavoro consentiti dalla crescita della produttività. Crediamo che questo messaggio valga, al di là delle specifiche vicende del paese qui discusso, a livello di una diagnosi più ampia della "sclerosi occupazionale" nel contesto europeo ed anche per confronti su una scala più allargata 1. Per il contesto italiano, comunque, emerge in modo netto l'impressione, sulla base dei dati nel complesso negativi per gli anni più recenti, che vi sia stata una sottovalutazione di un potenziale impatto negativo sul mantenimento stesso dei livelli occupazionali acquisiti, di un prolungato ristagno di una capacità di consumo da reddito da lavoro, ed in alternativa od in aggiunta, una sopravvalutazione delle possibilità di compensazione affidate a componenti esogene della domanda, ed in particolare a quella estera rappresentata dalle esportazioni nette.

Domanda interna e redditi da lavoro: una nota sul ruolo del “moltiplicatore dell’occupazione"

PINI, Paolo;
1998

Abstract

La persistenza di elevati tassi di disoccupazione nei maggiori paesi continentali dell'Unione europea, e l'evidenza di una limitata elasticità occupazionale che si è riflessa, anche nelle fasi ciclicamente più favorevoli, in una capacità inadeguata di riassorbimento degli eccessi d'offerta di lavoro, invitano ad una riconsiderazione degli schemi di determinazione degli esiti di saldo occupazionale a livello aggregato. Su questo terreno si é consolidata, negli anni ottanta, una linea di ricerca ed interpretazione che definiremmo, sinteticamente, di approccio di equilibrio parziale del mercato aggregato del lavoro per contesti variamente definibili di concorrenza monopolistica. Ci riferiamo, in particolare, a quegli schemi che definiscono tassi di equilibrio NAIRU a partire da un'interazione fra funzioni di spinta salariale e di regole di determinazione di prezzo e, quindi, nell'ambito sostanzialmente di un'analisi di equilibrio parziale del mercato del lavoro. L'impostazione del nostro lavoro si richiama, di certo, ad una sequenza diversa, dove gli esiti di attivazione occupazionale sono un a posteriori rispetto a livelli, e traslazioni, di domanda ed offerta aggregata a livello di un mercato finale del prodotto. Più che ad un'ambizione di contrapposizione teorica, tale approccio risponde ad un'esigenza di riproposizione della rilevanza empirica di un approccio teorico relativo alle relazioni fra esito occupazionale e dinamica della domanda finale e sue componenti. Al di là di ogni ulteriore ipotesi circa i fondamenti microeconomici della domanda di lavoro, riteniamo infatti rilevante investigare le interazioni fra andamenti di occupazione, domanda e produttività nella concreta esperienza dei paesi industriali negli anni recenti. Riteniamo, in particolare, che due punti di vista valgano la pena di essere ripresi e verificati, al fine di fornire spunti interpretativi ulteriori dell'andamento occupazionale insoddisfacente, rispetto ad un'impostazione che ne fornisce una razionalizzazione in termini di spinte salariali e di rigidità all'aggiustamento dei mercati del lavoro: la considerazione esplicita della dinamica delle componenti autonome della domanda, keynesianamente viste come la fonte primaria dell'attivazione di un circuito reddito-spesa; il ruolo "duplice"degli andamenti salariali, come elemento costitutivo del costo dell'offerta da un lato e come componente moltiplicativa di una domanda indotta di consumi dall'altro. Crescita e composizione della domanda finale, fattori distributivi legati alla variabilità del trasferimento dei guadagni di produttività sui redditi, e l'approfondimento tecnologico, colto dalla dinamica della produttività del lavoro pro-capite, forniscono nello schema proposto le dinamiche di fondo dalla cui interazione emergono le variazioni dei saldi occupazionali. Si vuole così riprendere la visione originale per cui l'occupazione è essenzialmente un esito derivato della domanda finale, e dello stato della tecnologia, e che al contempo la domanda finale attraverso la capacità di generare domanda indotta, mediante il trasferimento dei guadagni di produttività sui redditi reali, interagisce con la dinamica stessa dell'occupazione. Come nel semplice modello reddito-spesa sono le componenti esogene della domanda che determinano il reddito di equilibrio una volta noti i parametri di una moltiplicazione della domanda indotta, analogamente è possibile ottenere il volume di occupazione giustificato sulla base del livello e composizione della domanda autonoma - interna ed estera - , dei coefficienti tecnici di produzione sintetizzati nel rapporto aggregato prodotto per occupato, date le retribuzioni reali e le propensioni al consumo, quindi i parametri della componente indotta di domanda di lavoro. L'approccio che segue vuole rispettare la sequenza originale di J.M. Keynes, come delineata nel cap. 3 della General Theory, partendo da un'identità contabile fra valori correnti di flusso dell'offerta e della domanda aggregata. Semplici passaggi che rispettano l'identità di base, ci portano ad un'espressione che assume direttamente il fabbisogno di lavoro come "variabile dipendente"dell'analisi, ricollegandoci, idealmente, al pionieristico contributo di R. Kahn del 1931. Lo schema proposto viene pertanto sinteticamente definito come modello di "moltiplicatore dell'occupazione"Quello a cui si arriva è pertanto una "contabilità dell'occupazione"giustificata sulla base del contributo dei fattori di domanda e della produttività, piuttosto che un "modello" causalmente o sequenzialmente specificato. Entro questi limiti, tuttavia, crediamo che l'approccio possa risultare euristicamente efficace ai fini di una razionalizzazione delle diversità delle performance occupazionali fra paesi, e fra periodi ed episodi ciclici diversi nell'ambito di un paese. Sulla base di questa impostazione abbiamo avviato una verifica quantitativa e confronti temporali in un contesto nazionale. L'obiettivo è quello di una ricostruzione dell'andamento occupazionale "giustificato"sulla base dei fattori sopra introdotti, con opportune periodizzazioni che inquadrino in particolare il comportamento differenziale della relazione fra crescita dell'occupazione e del prodotto per episodi o fasi cicliche diverse nel recente passato. Si presentano nel seguito alcuni dei risultati raggiunti nell'analisi applicata al nostro paese, soffermandoci sulla scomposizione delle dinamiche occupazionali nel periodo 1960-1996, distinto in quattro sottoperiodi, i primi tre decenni e la prima metà degli anni novanta. La rilevanza dei fenomeni distributivi per gli andamenti occupazionali di fondo appare emergere in modo netto per l'Italia degli anni recenti, confortando la rilevanza euristica del nostro schema di fondo. Crediamo di poter esplicitare una considerazione di fondo, sulla base di tale schema analitico che abbiamo voluto mantenere essenziale: non può essere trascurata, in un'analisi di interpretazione e previsione degli andamenti occupazionali, l'incidenza di una componente "indotta"della domanda, alla quale contribuisce in misura determinante la dinamica dei redditi reali disponibili, in particolare di quelli da lavoro. Politiche macroeconomiche e politiche dei redditi che, a fronte di pur giustificate esigenze di contenimento dell'inflazione e di perseguimento di obiettivi di competitività, "bloccano"per un periodo prolungato il trasferimento dei guadagni di produttività sui redditi disponibili di una quota maggioritaria della popolazione (ci riferiamo, ad esempio, a contratti che hanno previsto il puro recupero, con ritardo, dell'aumento dei prezzi al consumo), rischiano di abbassare, in una fase positiva del ciclo, le potenzialità di "moltiplicazione"della domanda, deprimendo così la possibilità di innesco di una significativa elasticità positiva dell'occupazione rispetto al prodotto. Una dinamica positiva delle componenti autonome della spesa, ed in particolare della domanda estera, non appare almeno di recente capace, da "sola", a sostenere i livelli occupazionali, tenuto conto ovviamente dei saggi di risparmio di lavoro consentiti dalla crescita della produttività. Crediamo che questo messaggio valga, al di là delle specifiche vicende del paese qui discusso, a livello di una diagnosi più ampia della "sclerosi occupazionale" nel contesto europeo ed anche per confronti su una scala più allargata 1. Per il contesto italiano, comunque, emerge in modo netto l'impressione, sulla base dei dati nel complesso negativi per gli anni più recenti, che vi sia stata una sottovalutazione di un potenziale impatto negativo sul mantenimento stesso dei livelli occupazionali acquisiti, di un prolungato ristagno di una capacità di consumo da reddito da lavoro, ed in alternativa od in aggiunta, una sopravvalutazione delle possibilità di compensazione affidate a componenti esogene della domanda, ed in particolare a quella estera rappresentata dalle esportazioni nette.
1998
Pini, Paolo; Piacentini, P.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11392/495255
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact