Il contributo analizza l’ordinanza n. 21/2025 della Corte costituzionale con la quale quest’ultima ha interrogato la Corte di giustizia sull’interpretazione del regolamento (UE) 2022/1854 teso a coordinare le normative degli Stati membri in relazione alla tassazione dei cc.dd. extra-profitti. L’ordinanza merita attenzione per almeno due profili. In primo luogo, è la prima occasione di dialogo “diretto”, tramite l’art. 267 TFUE, tra la Corte costituzionale e la Corte di giustizia dopo la sentenza n. 181/2024, la quale ha ridisegnato la configurazione dei rapporti interordinamentali tra il diritto dell’Unione europea e il diritto interno. In secondo luogo, l’oggetto della questione di interpretazione sollevata dalla Corte costituzionale - ovverosia il citato regolamento (UE) 2022/1854 - ha attirato diversi dubbi di validità in virtù della base giuridica a fondamento della sua adozione, quale l’art. 122, par. 1, TFUE. In particolare, le censure di legittimità (avanzate tramite sia azione di annullamento che rinvii pregiudiziali provenienti da diverse corti nazionali) si appuntano sull’impossibilità per il Consiglio, tramite tale disposizione, di introdurre norme di natura fiscale. Alla luce di tali due profili, ben si comprende come l’ordinanza n. 21/2025 sia un “mosaico” complesso all’interno del quale la Corte costituzionale italiana dimostra di saper utilizzare l’art. 267 TFUE al fine di portare all’incontro, più che allo scontro, tra ordinamenti.

Piazza del Quirinale, non Karlsruhe: l’ordinanza n. 21/2025 della Corte costituzionale tra diritto dell’Unione europea al tempo delle crisi e rinvio pregiudiziale

Samuele Barbieri
Primo
2025

Abstract

Il contributo analizza l’ordinanza n. 21/2025 della Corte costituzionale con la quale quest’ultima ha interrogato la Corte di giustizia sull’interpretazione del regolamento (UE) 2022/1854 teso a coordinare le normative degli Stati membri in relazione alla tassazione dei cc.dd. extra-profitti. L’ordinanza merita attenzione per almeno due profili. In primo luogo, è la prima occasione di dialogo “diretto”, tramite l’art. 267 TFUE, tra la Corte costituzionale e la Corte di giustizia dopo la sentenza n. 181/2024, la quale ha ridisegnato la configurazione dei rapporti interordinamentali tra il diritto dell’Unione europea e il diritto interno. In secondo luogo, l’oggetto della questione di interpretazione sollevata dalla Corte costituzionale - ovverosia il citato regolamento (UE) 2022/1854 - ha attirato diversi dubbi di validità in virtù della base giuridica a fondamento della sua adozione, quale l’art. 122, par. 1, TFUE. In particolare, le censure di legittimità (avanzate tramite sia azione di annullamento che rinvii pregiudiziali provenienti da diverse corti nazionali) si appuntano sull’impossibilità per il Consiglio, tramite tale disposizione, di introdurre norme di natura fiscale. Alla luce di tali due profili, ben si comprende come l’ordinanza n. 21/2025 sia un “mosaico” complesso all’interno del quale la Corte costituzionale italiana dimostra di saper utilizzare l’art. 267 TFUE al fine di portare all’incontro, più che allo scontro, tra ordinamenti.
2025
Barbieri, Samuele
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