Si è detto e scritto che la città sia la più grande invenzione dell’uomo; sia essa una metropoli senza limiti definiti, un sistema denso o rarefatto, puntuale o territoriale, sia una città storica, di mare, industriale o commerciale, questa poderosa macchina di ggregazione della vita dell’uomo continua a generare e riciclare nella storia pensiero, idee, scenari, in una parola civiltà. L’architettura ha sempre avuto un ruolo strutturale nella definizione di questa invenzione, affermandone l’immagine, il carattere, l’atmosfera, eppure, nella sua più profonda vocazione di servizio all’uomo e alla vita, la relazione tra società e città si realizza in modo privilegiato nello spazio pubblico. Lo spazio pubblico è quel dispositivo capace di riunire la molteplice varietà sociale di cui la città è materializzazione, è l’essenza stessa dell’urbe fin dalle sue origini, il luogo in cui si costruisce la sua identità, in cui si consolida il senso di appartenenza a essa; nello spazio pubblico avviene quell’incontro definitivo tra individuo e pluralità, tra privato e universale. In una società come quella contemporanea, attraversata da sempre maggiori impulsi di segregazione e atomizzazione sociale, la prima delle grandi priorità dell’architettura diventa la sua disponibilità a farsi sistema aperto, territorio collettivo, spazio sociale prima che forma o immagine. La seconda priorità, forse conseguente alla prima, è quella di un’architettura come sfondo silenzioso della vita, un supporto che non si impone fisicamente nel luogo, ma si adatta, diventando paesaggio o sfumando in esso. Queste due idee introducono il tema del ‘paesaggio sociale’, un concetto che rappresenta il movimento dell’architettura verso la sua dimensione di compromesso e dialogo con la città, con l’intorno e con la società.
Paesaggi sociali
Alessandro Tessari
2021
Abstract
Si è detto e scritto che la città sia la più grande invenzione dell’uomo; sia essa una metropoli senza limiti definiti, un sistema denso o rarefatto, puntuale o territoriale, sia una città storica, di mare, industriale o commerciale, questa poderosa macchina di ggregazione della vita dell’uomo continua a generare e riciclare nella storia pensiero, idee, scenari, in una parola civiltà. L’architettura ha sempre avuto un ruolo strutturale nella definizione di questa invenzione, affermandone l’immagine, il carattere, l’atmosfera, eppure, nella sua più profonda vocazione di servizio all’uomo e alla vita, la relazione tra società e città si realizza in modo privilegiato nello spazio pubblico. Lo spazio pubblico è quel dispositivo capace di riunire la molteplice varietà sociale di cui la città è materializzazione, è l’essenza stessa dell’urbe fin dalle sue origini, il luogo in cui si costruisce la sua identità, in cui si consolida il senso di appartenenza a essa; nello spazio pubblico avviene quell’incontro definitivo tra individuo e pluralità, tra privato e universale. In una società come quella contemporanea, attraversata da sempre maggiori impulsi di segregazione e atomizzazione sociale, la prima delle grandi priorità dell’architettura diventa la sua disponibilità a farsi sistema aperto, territorio collettivo, spazio sociale prima che forma o immagine. La seconda priorità, forse conseguente alla prima, è quella di un’architettura come sfondo silenzioso della vita, un supporto che non si impone fisicamente nel luogo, ma si adatta, diventando paesaggio o sfumando in esso. Queste due idee introducono il tema del ‘paesaggio sociale’, un concetto che rappresenta il movimento dell’architettura verso la sua dimensione di compromesso e dialogo con la città, con l’intorno e con la società.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.