Dopo alcune considerazioni generali sui tratti fisionomici del diritto penale liberale, ispirati a una prospettiva reo-centrica, il lavoro ricostruisce il percorso di progressiva emersione, all’interno di tale sistema, di un inedito ruolo della vittima. In particolare, l’attenzione è rivolta alle distorsioni che – specie negli ultimi decenni – il paradigma vittimo-centrico ha prodotto sul processo di formazione e interpretazione delle fattispecie incriminatrici, sollevando plurimi profili di tensione con le tradizionali garanzie penalistiche. In tale prospettiva, lo studio analizza, dunque, il ruolo del paradigma vittimo-centrico, da un lato, come fonte di creazione di nuove fattispecie incriminatrici e, dall’altro lato, come canone ermeneutico di ridefinizione della tipicità di fattispecie già esistenti. La conclusione alla quale si perviene è che, oggi, il peso della locuzione “diritto penale” si sia, invero, sbilanciato verso il “penale”, giacché il legislatore e i giudici prestano sempre più attenzione alle istanze di punizione piuttosto che a quelle di garanzia. L’auspico che viene formulato è, dunque, nel senso che la sacrosanta difesa di chi sia stato offeso da un reato non finisca, però, per pregiudicare ogni potenziale reo nei suoi diritti fondamentali, con il rischio di trasformare “i nuovi rei” in “vittime delle vittime”.
Dalla vittimologia al vittimocentrismo: cosa resta della tradizione reocentrica?
C. BernasconiPrimo
2021
Abstract
Dopo alcune considerazioni generali sui tratti fisionomici del diritto penale liberale, ispirati a una prospettiva reo-centrica, il lavoro ricostruisce il percorso di progressiva emersione, all’interno di tale sistema, di un inedito ruolo della vittima. In particolare, l’attenzione è rivolta alle distorsioni che – specie negli ultimi decenni – il paradigma vittimo-centrico ha prodotto sul processo di formazione e interpretazione delle fattispecie incriminatrici, sollevando plurimi profili di tensione con le tradizionali garanzie penalistiche. In tale prospettiva, lo studio analizza, dunque, il ruolo del paradigma vittimo-centrico, da un lato, come fonte di creazione di nuove fattispecie incriminatrici e, dall’altro lato, come canone ermeneutico di ridefinizione della tipicità di fattispecie già esistenti. La conclusione alla quale si perviene è che, oggi, il peso della locuzione “diritto penale” si sia, invero, sbilanciato verso il “penale”, giacché il legislatore e i giudici prestano sempre più attenzione alle istanze di punizione piuttosto che a quelle di garanzia. L’auspico che viene formulato è, dunque, nel senso che la sacrosanta difesa di chi sia stato offeso da un reato non finisca, però, per pregiudicare ogni potenziale reo nei suoi diritti fondamentali, con il rischio di trasformare “i nuovi rei” in “vittime delle vittime”.File | Dimensione | Formato | |
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