Abusato in passato, lo strumento della clemenza (individuale e collettiva) oggi conosce — dati alla mano — un’eclissi quantitativa senza precedenti nella storia d’Italia, monarchica e repubblicana. Amnistia e indulto, in particolare, risultano schiacciati da un anacronistico pregiudizio che precede, determinandola, la loro attuale quiescenza, a sua volta foriera di gravi effetti ordinamentali. È invece possibile recuperarli tra gli strumenti di politica criminale, proponendone una rilettura orientata alla finalità costituzionale del diritto punitivo. Infatti, se l’obiet- tivo della risocializzazione deve accompagnare la pena in tutte le sue fasi « fino a quando in concreto si estingue » (sentt. nn. 313/1990, 172/2017), entro tale orizzonte devono collocarsi sia la clemenza individuale (come riconosciuto dalla sent. n. 200/2006) che collettiva (come già stabilito dalla sent. n. 368/1988). Per assicurare un nuovo corso alle leggi di amnistia e indulto diverso dalla loro bulimica produzione passata, è necessario porre mano nuovamente all’art. 79 Cost., la cui revisione approvata con legge cost. n. 1 del 1992 è — giuridicamente — alla base del tramonto della clemenza collettiva. Non è solo un problema di maggioranze deliberative iperboliche ed interdittive: dell’attuale art. 79 Cost. andranno ripensati anche i presupposti della legge di clemenza, l’efficacia temporale, il procedimento deliberativo, così da riservare all’Assemblea parlamentare il monopolio della discussione e della decisione. Riformulato secondo le linee guida dettagliatamente e motivatamente illustrate, il nuovo art. 79 Cost. avrebbe in sé le condizioni neces-sarie e sufficienti per rendere effettivo un duplice controllo sulla legge di amnistia e indulto, da parte del Presidente della Repubblica (in sede di promulgazione) e della Corte costituzionale (in sede di sindacato incidentale). Così ripensati e rimodellati, gli strumenti della clemenza collettiva solo in apparenza sono in antitesi alla giustizia penale, esprimendo semmai un’idea non legalista e non legalitaria della legalità: una legalità viva e vivente, perché immersa nella realtà sociale e proprio per questo capace di colmare il divario (incostituzionale) tra norma astratta e fatto concreto.
Per un rinnovato statuto costituzionale della clemenza collettiva
Andrea Pugiotto
2018
Abstract
Abusato in passato, lo strumento della clemenza (individuale e collettiva) oggi conosce — dati alla mano — un’eclissi quantitativa senza precedenti nella storia d’Italia, monarchica e repubblicana. Amnistia e indulto, in particolare, risultano schiacciati da un anacronistico pregiudizio che precede, determinandola, la loro attuale quiescenza, a sua volta foriera di gravi effetti ordinamentali. È invece possibile recuperarli tra gli strumenti di politica criminale, proponendone una rilettura orientata alla finalità costituzionale del diritto punitivo. Infatti, se l’obiet- tivo della risocializzazione deve accompagnare la pena in tutte le sue fasi « fino a quando in concreto si estingue » (sentt. nn. 313/1990, 172/2017), entro tale orizzonte devono collocarsi sia la clemenza individuale (come riconosciuto dalla sent. n. 200/2006) che collettiva (come già stabilito dalla sent. n. 368/1988). Per assicurare un nuovo corso alle leggi di amnistia e indulto diverso dalla loro bulimica produzione passata, è necessario porre mano nuovamente all’art. 79 Cost., la cui revisione approvata con legge cost. n. 1 del 1992 è — giuridicamente — alla base del tramonto della clemenza collettiva. Non è solo un problema di maggioranze deliberative iperboliche ed interdittive: dell’attuale art. 79 Cost. andranno ripensati anche i presupposti della legge di clemenza, l’efficacia temporale, il procedimento deliberativo, così da riservare all’Assemblea parlamentare il monopolio della discussione e della decisione. Riformulato secondo le linee guida dettagliatamente e motivatamente illustrate, il nuovo art. 79 Cost. avrebbe in sé le condizioni neces-sarie e sufficienti per rendere effettivo un duplice controllo sulla legge di amnistia e indulto, da parte del Presidente della Repubblica (in sede di promulgazione) e della Corte costituzionale (in sede di sindacato incidentale). Così ripensati e rimodellati, gli strumenti della clemenza collettiva solo in apparenza sono in antitesi alla giustizia penale, esprimendo semmai un’idea non legalista e non legalitaria della legalità: una legalità viva e vivente, perché immersa nella realtà sociale e proprio per questo capace di colmare il divario (incostituzionale) tra norma astratta e fatto concreto.File | Dimensione | Formato | |
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