Negli ultimi venti anni l’economia dei principali paesi industrializzati è stata attraversata da una molteplicità di fenomeni innovativi. Le caratteristiche distintive dei processi innovativi sono almeno tre: il ruolo prevalente della conoscenza incorporata in capitale materiale e immateriale; l’associarsi dei cambiamenti organizzativi ai cambiamenti tecnologici incorporati in beni strumentali; la pervasività in contesti locali e globali del fenomeno innovativo declinato in termini tecno-organizzativi. Il nostro paese, anche in contesti regionali storicamente virtuosi, si confronta con difficoltà con i processi di cui sopra. Negli anni recenti è noto come due tesi si siano confrontate circa le performance del sistema produttivo italiano. Da un lato la tesi del «declino», che enfatizza la perdita di competitività del sistema italiano attestato dai bassi tassi di crescita di medio periodo del reddito e dalla stagnazione della produttività, sia assoluta sia relativa se rapportata ai maggiori paesi industriali con cui il nostro paese si confronta (Banca d’Italia, 2003; Ciocca, 2003; Faini, 2004; Brandolini, Bugamelli, 2009). Dall’altro è stata contrapposta la tesi della «trasformazione», che evidenzia invece significativi cambiamenti di struttura e di comportamento delle imprese italiane negli ultimi dieci anni, cambiamenti che spiegherebbero il relativo successo del made in Italy sui mercati internazionali, attestato anche dalle buone performance delle esportazioni italiane in una fase lunga di euro forte (Fortis, Quadrio Curzio, 2006; Fortis, 2009; Quintieri, 2007; Coltorti, 2006; Ginzburg, 2005; Ginzburg, Bigarelli, 2008). La trasposizione di tali tesi può essere effettuata anche al sistema produttivo dell'Emilia-Romagna, ma la chiave interpretativa dei risultati dell’economia regionale può assumere una sfumatura diversa e non attagliarsi perfettamente ad alcuna delle due tesi sopra ricordate. Il sistema produttivo regionale, nonostante abbia risentito pesantemente della attuale congiuntura negativa, ha mostrato anche forti caratteri di solidità strutturale, contenendo gli effetti della crisi sul mercato del lavoro e salvaguardando la robustezza del sistema industriale (Regione Emilia-Romagna, Unioncamere, 2009). Ciò che emerge con nitidezza dalla lettura dei dati aggregati, al di là dei risultati congiunturali, è che la performance del sistema produttivo dell’Emilia-Romagna risulta da due sentieri che appaiono abbastanza divergenti: da un lato i settori industriali che, trainati dalla componente estera della domanda, fanno registrare una crescita del valore aggiunto a tassi ben più elevati della media nazionale, con guadagni significativi anche in termini di occupazione; dall’altro, i settori del terziario che frenano la crescita con dinamiche della produttività spesso negative, compensate da una forte intensità occupazionale della crescita del valore aggiunto. Ne risulta ciò che definiamo una crescita sbilanciata a livello regionale negli ultimi anni: una crescita sostenuta dai settori industriali, che registrano più elevati tassi di crescita del valore aggiunto e anche dell’occupazione rispetto alla media nazionale, e sostenuto dall’andamento delle esportazioni, ma frenata dai settori dei servizi, che invece registrano dinamiche negative della produttività, pur se con andamenti occupazionali positivi .
Le strategie innovative delle imprese manifatturiere in Emilia-Romagna
PINI, Paolo;MAZZANTI, Massimiliano;MONTRESOR, Sandro
2011
Abstract
Negli ultimi venti anni l’economia dei principali paesi industrializzati è stata attraversata da una molteplicità di fenomeni innovativi. Le caratteristiche distintive dei processi innovativi sono almeno tre: il ruolo prevalente della conoscenza incorporata in capitale materiale e immateriale; l’associarsi dei cambiamenti organizzativi ai cambiamenti tecnologici incorporati in beni strumentali; la pervasività in contesti locali e globali del fenomeno innovativo declinato in termini tecno-organizzativi. Il nostro paese, anche in contesti regionali storicamente virtuosi, si confronta con difficoltà con i processi di cui sopra. Negli anni recenti è noto come due tesi si siano confrontate circa le performance del sistema produttivo italiano. Da un lato la tesi del «declino», che enfatizza la perdita di competitività del sistema italiano attestato dai bassi tassi di crescita di medio periodo del reddito e dalla stagnazione della produttività, sia assoluta sia relativa se rapportata ai maggiori paesi industriali con cui il nostro paese si confronta (Banca d’Italia, 2003; Ciocca, 2003; Faini, 2004; Brandolini, Bugamelli, 2009). Dall’altro è stata contrapposta la tesi della «trasformazione», che evidenzia invece significativi cambiamenti di struttura e di comportamento delle imprese italiane negli ultimi dieci anni, cambiamenti che spiegherebbero il relativo successo del made in Italy sui mercati internazionali, attestato anche dalle buone performance delle esportazioni italiane in una fase lunga di euro forte (Fortis, Quadrio Curzio, 2006; Fortis, 2009; Quintieri, 2007; Coltorti, 2006; Ginzburg, 2005; Ginzburg, Bigarelli, 2008). La trasposizione di tali tesi può essere effettuata anche al sistema produttivo dell'Emilia-Romagna, ma la chiave interpretativa dei risultati dell’economia regionale può assumere una sfumatura diversa e non attagliarsi perfettamente ad alcuna delle due tesi sopra ricordate. Il sistema produttivo regionale, nonostante abbia risentito pesantemente della attuale congiuntura negativa, ha mostrato anche forti caratteri di solidità strutturale, contenendo gli effetti della crisi sul mercato del lavoro e salvaguardando la robustezza del sistema industriale (Regione Emilia-Romagna, Unioncamere, 2009). Ciò che emerge con nitidezza dalla lettura dei dati aggregati, al di là dei risultati congiunturali, è che la performance del sistema produttivo dell’Emilia-Romagna risulta da due sentieri che appaiono abbastanza divergenti: da un lato i settori industriali che, trainati dalla componente estera della domanda, fanno registrare una crescita del valore aggiunto a tassi ben più elevati della media nazionale, con guadagni significativi anche in termini di occupazione; dall’altro, i settori del terziario che frenano la crescita con dinamiche della produttività spesso negative, compensate da una forte intensità occupazionale della crescita del valore aggiunto. Ne risulta ciò che definiamo una crescita sbilanciata a livello regionale negli ultimi anni: una crescita sostenuta dai settori industriali, che registrano più elevati tassi di crescita del valore aggiunto e anche dell’occupazione rispetto alla media nazionale, e sostenuto dall’andamento delle esportazioni, ma frenata dai settori dei servizi, che invece registrano dinamiche negative della produttività, pur se con andamenti occupazionali positivi .I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.