L’articolo prende le mosse da un inquadramento concettuale in chiave storica e con riferimento al sistema finanziario italiano del c.d. private equity. A tal fine si ripercorre il pensiero di un grande banchiere, fine teorico e filoso di banca, e i suoi desiderata circa quella che all’epoca chiamava attività di promoter e che auspicava fosse svolta da Medobanca, alla cui fondazione e sviluppo aveva partecipato attivamente considerandola la creatura preferita insieme alla sua Comit. Le idee di Mattioli e le sue esternazioni al riguardo consentono di andare all’essenza di un’attività, indispensabile ai fini dello sviluppo economico, punta di diamante di qualsiasi sistema finanziario, e i cui confini non sempre sono agevolmente definibili. Tale attività, non trovò accoglienza in una Mediobanca che Cuccia modellò diversamente e rese, negli impieghi, assolutamente autonoma, dalle Banche d’interesse Nazionale sue partecipanti; né attecchì in altre istituzioni. Solo molti anni dopo ha avuto il suo debutto nella nostra nazione e, di fatto, solo in periodi relativamente recenti ha iniziato o svilupparsi. Sulla scorta di questa introduzione, l’articolo, passa a definire e delineare i contenuti dell’attività di private equity e di venture capitale, i soggetti potenzialmente interessati da un suo intervento. Segue una rassegna degli operatori, delle loro strutture, e una descrizioni delle principali operazioni distinte in funzione dei contesti d’intervento e delle fasi di vita delle aziende oggetto di apporti di capitale. Si passa poi ad esaminare il potenziale contributo del private equity allo sviluppo economico e del tessuto industriale, sia in linea astratta, sia con riferimento alle esperienze maturate in alcuni mercati esteri e nella nostra nazione, basandosi su analisi delle performance di campioni di imprese venture-baked rispetto ad imprese che non si sono avvalse di detti apporti di capitale nonché dei servizi e delle attività connesse. Analisi da cui sembrerebbe emergere un giudizio positivo e avvalorante l’ipotesi di performance migliori in termini di dinamiche e risultati aziendali, incluso il contributo all’occupazione, delle imprese venture-baked. Alle possibili ragioni e fattori determinati tale andamento, e in particolare, a quelli adducibili agli interventi di private equity è dedicata la parte finale dell’articolo che si conclude con l’auspicio di un ulteriore e più ampio sviluppo dell’attività in esame e di un sostegno ad essa anche da parte dei pubblici poteri
Private Equity e sviluppo economico
CALAMANTI, Andrea;
2006
Abstract
L’articolo prende le mosse da un inquadramento concettuale in chiave storica e con riferimento al sistema finanziario italiano del c.d. private equity. A tal fine si ripercorre il pensiero di un grande banchiere, fine teorico e filoso di banca, e i suoi desiderata circa quella che all’epoca chiamava attività di promoter e che auspicava fosse svolta da Medobanca, alla cui fondazione e sviluppo aveva partecipato attivamente considerandola la creatura preferita insieme alla sua Comit. Le idee di Mattioli e le sue esternazioni al riguardo consentono di andare all’essenza di un’attività, indispensabile ai fini dello sviluppo economico, punta di diamante di qualsiasi sistema finanziario, e i cui confini non sempre sono agevolmente definibili. Tale attività, non trovò accoglienza in una Mediobanca che Cuccia modellò diversamente e rese, negli impieghi, assolutamente autonoma, dalle Banche d’interesse Nazionale sue partecipanti; né attecchì in altre istituzioni. Solo molti anni dopo ha avuto il suo debutto nella nostra nazione e, di fatto, solo in periodi relativamente recenti ha iniziato o svilupparsi. Sulla scorta di questa introduzione, l’articolo, passa a definire e delineare i contenuti dell’attività di private equity e di venture capitale, i soggetti potenzialmente interessati da un suo intervento. Segue una rassegna degli operatori, delle loro strutture, e una descrizioni delle principali operazioni distinte in funzione dei contesti d’intervento e delle fasi di vita delle aziende oggetto di apporti di capitale. Si passa poi ad esaminare il potenziale contributo del private equity allo sviluppo economico e del tessuto industriale, sia in linea astratta, sia con riferimento alle esperienze maturate in alcuni mercati esteri e nella nostra nazione, basandosi su analisi delle performance di campioni di imprese venture-baked rispetto ad imprese che non si sono avvalse di detti apporti di capitale nonché dei servizi e delle attività connesse. Analisi da cui sembrerebbe emergere un giudizio positivo e avvalorante l’ipotesi di performance migliori in termini di dinamiche e risultati aziendali, incluso il contributo all’occupazione, delle imprese venture-baked. Alle possibili ragioni e fattori determinati tale andamento, e in particolare, a quelli adducibili agli interventi di private equity è dedicata la parte finale dell’articolo che si conclude con l’auspicio di un ulteriore e più ampio sviluppo dell’attività in esame e di un sostegno ad essa anche da parte dei pubblici poteriI documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.