La condivisione di risorse idriche è questione che, coinvolgendo le acque di superficie e quelle sotterranee che non ricadono nell’esclusiva sovranità di singoli Stati, implica la ricerca di una gestione coordinata che si mostra tanto più delicata laddove manchino - come è tuttora nella regione a sud del Mediterraneo - accordi di pace. Se è vero infatti che la comunanza di interessi per i corsi d’acqua e i sistemi idrici internazionali obbliga le Parti, già in base al diritto consuetudinario, a ricercare e a sviluppare il massimo di cooperazione attiva nella gestione delle acque in condivisione anche ai fini della loro protezione ambientale, per il Giordano, il Tigri e l’Eufrate, il Nilo e gli acquiferi sotterranei della regione, il perdurare di problemi di pacificazione incide fortemente sul rispetto dell’obbligo di cooperare, senza per questo renderlo meno stringente dal punto di vista giuridico. Il volume analizza l’azione delle organizzazioni internazionali per la realizzazione di progetti finalizzati alla migliore gestione delle acque che favoriscono il rafforzamento dell’obbligo di cooperazione delle Parti cointeressate per la ricerca di accordi che s’ispirino al principio dell’equa utilizzazione della risorsa. Del resto, è proprio nel solco dei principi consuetudinari del divieto di arrecare danni e dell’equa utilizzazione della risorsa condivisa che l’azione delle organizzazioni internazionali promuove la soluzione pacifica delle controversie fra Stati, concorrendo in modo significativo all’elaborazione di regimi di gestione delle risorse in cui trovino altresì spazio la protezione dei diritti umani, dell’ambiente naturale e del patrimonio culturale. Così è l’esperienza che si va maturando per la gestione del Nilo nel contesto dell’Iniziativa per il Nilo che vede coinvolte le Nazioni Unite, l’Unione europea e la Banca Mondiale nello sforzo di un negoziato in vista dell’elaborazione di un accordo per la gestione e la protezione ecologica del bacino fra i tutti gli Stati coinvolti, superando regimi pattizi addirittura di origine coloniale volti a garantire all’Egitto una posizione privilegiata. Ancora, se il permanere dell’occupazione in Iraq non facilita il dialogo cointeressate alle medesime acque condivise del Tigri e dell’Eufrate e la decisione della Turchia di sfruttare le acque dell’Eufrate senza alcun coinvolgimento degli Stati cointeressati non incoraggiano la ricerca di una soluzione negoziata, l’indisponibilità della Banca Mondiale a finanziare progetti non in linea con le sue linee guida, non va sottovalutata. Non meno decisiva resta infine l’azione delle organizzazioni internazionali per la ricerca di un regime di gestione delle acque del bacino del Giordano che coinvolga Israele, Libano Giordania, Siria e, sullo sfondo, Gaza e la Cisgiordania. Rimane assai delicata – in mancanza di accordi di pace con la Siria, il Libano – sia la questione dell’utilizzazione delle acque di superficie e di quelle sotterranee che trovano origine alle sorgenti del Giordano e nelle alture del Golan, sia la questione dell’approvvigionamento idrico della Cisgiordania in ispecie. Tanto più nell’ottica dell’instaurazione della sovranità palestinese in Territori confinanti con Israele, la riallocazione delle risorse idriche presenti nelle falde, pur comportando una riduzione per la Repubblica israeliana, dovrà essere concordata in modo da tenere in debito conto dei bisogni idrici della popolazione palestinese: è quanto del resto impone nell’uso e sfruttamento di risorse idriche condivise il rispetto da parte di Israele del Patto sui diritti economici, sociali e culturali.

Acque internazionali a sud del Mediteranneo

FIORAVANTI, Cristiana
2005

Abstract

La condivisione di risorse idriche è questione che, coinvolgendo le acque di superficie e quelle sotterranee che non ricadono nell’esclusiva sovranità di singoli Stati, implica la ricerca di una gestione coordinata che si mostra tanto più delicata laddove manchino - come è tuttora nella regione a sud del Mediterraneo - accordi di pace. Se è vero infatti che la comunanza di interessi per i corsi d’acqua e i sistemi idrici internazionali obbliga le Parti, già in base al diritto consuetudinario, a ricercare e a sviluppare il massimo di cooperazione attiva nella gestione delle acque in condivisione anche ai fini della loro protezione ambientale, per il Giordano, il Tigri e l’Eufrate, il Nilo e gli acquiferi sotterranei della regione, il perdurare di problemi di pacificazione incide fortemente sul rispetto dell’obbligo di cooperare, senza per questo renderlo meno stringente dal punto di vista giuridico. Il volume analizza l’azione delle organizzazioni internazionali per la realizzazione di progetti finalizzati alla migliore gestione delle acque che favoriscono il rafforzamento dell’obbligo di cooperazione delle Parti cointeressate per la ricerca di accordi che s’ispirino al principio dell’equa utilizzazione della risorsa. Del resto, è proprio nel solco dei principi consuetudinari del divieto di arrecare danni e dell’equa utilizzazione della risorsa condivisa che l’azione delle organizzazioni internazionali promuove la soluzione pacifica delle controversie fra Stati, concorrendo in modo significativo all’elaborazione di regimi di gestione delle risorse in cui trovino altresì spazio la protezione dei diritti umani, dell’ambiente naturale e del patrimonio culturale. Così è l’esperienza che si va maturando per la gestione del Nilo nel contesto dell’Iniziativa per il Nilo che vede coinvolte le Nazioni Unite, l’Unione europea e la Banca Mondiale nello sforzo di un negoziato in vista dell’elaborazione di un accordo per la gestione e la protezione ecologica del bacino fra i tutti gli Stati coinvolti, superando regimi pattizi addirittura di origine coloniale volti a garantire all’Egitto una posizione privilegiata. Ancora, se il permanere dell’occupazione in Iraq non facilita il dialogo cointeressate alle medesime acque condivise del Tigri e dell’Eufrate e la decisione della Turchia di sfruttare le acque dell’Eufrate senza alcun coinvolgimento degli Stati cointeressati non incoraggiano la ricerca di una soluzione negoziata, l’indisponibilità della Banca Mondiale a finanziare progetti non in linea con le sue linee guida, non va sottovalutata. Non meno decisiva resta infine l’azione delle organizzazioni internazionali per la ricerca di un regime di gestione delle acque del bacino del Giordano che coinvolga Israele, Libano Giordania, Siria e, sullo sfondo, Gaza e la Cisgiordania. Rimane assai delicata – in mancanza di accordi di pace con la Siria, il Libano – sia la questione dell’utilizzazione delle acque di superficie e di quelle sotterranee che trovano origine alle sorgenti del Giordano e nelle alture del Golan, sia la questione dell’approvvigionamento idrico della Cisgiordania in ispecie. Tanto più nell’ottica dell’instaurazione della sovranità palestinese in Territori confinanti con Israele, la riallocazione delle risorse idriche presenti nelle falde, pur comportando una riduzione per la Repubblica israeliana, dovrà essere concordata in modo da tenere in debito conto dei bisogni idrici della popolazione palestinese: è quanto del resto impone nell’uso e sfruttamento di risorse idriche condivise il rispetto da parte di Israele del Patto sui diritti economici, sociali e culturali.
2005
9788813260941
acque internazionali; acquiferi; gestione e sfruttamento; norme consuetudinarie e codificate; regimi pattizi e coordinamento fra norme; limiti d'uso delle acque condivise; banca mondiale e finanziamento prer le acque condivise; sistemi idrici medio orientali; Giordano; falde acquifere condivise nei rapporti fra Stati cointeressati; gestione Tigri-Eufrate; regime del Nilo fra accordi coloniali e principi generali; organizzazioni internazionali e cooperazione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11392/497644
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