Negli ultimi decenni, la concezione di difesa costiera è profondamente cambiata. Il precedente approccio basato sullo sfruttamento delle risorse naturali nel breve periodo (Capobianco e Stive, 2000) dove mare e terra venivano considerati come due sistemi differenti è ora ritenuto obsoleto (Slobbe et al., 2013). Ciò ha conseguentemente reso necessario individuare un nuovo equilibrio tra componenti naturali e antropiche e la definizione di nuovi concetti di resilienza costiera (Masselink e Lazarus, 2019). Durante l'ultimo secolo, il delta del Po è stato fortemente influenzato da una combinazione di importanti inondazioni (Piccoli, 1976), mareggiate (Perini et al., 2011), e una forte subsidenza (Caputo et al., 1970); inoltre, la costruzione di dighe e l’esportazione di materiale dai fiumi hanno notevolmente ridotto l'apporto di sedimenti (Bondesan e Simeoni, 1983; Dal Cin, 1983; Dal Cin e Simeoni, 1984). Tutti questi eventi hanno causato la rottura degli argini e la conseguente sommersione di numerosi campi agricoli, portando così alla formazione delle lagune odierne. Nonostante gli ingenti danni causati da questi eventi, nasce un'interessante opportunità per studiare gli effetti di un restauro ambientale involontario, il quale potrà fornire esempio per futuri progetti di gestione e/o ripristino ambientale. Il seguente studio si concentra sulla variazione temporale dell'estensione della vegetazione delle lagune orientali del delta; in particolare esamina due aree principali formatesi a causa della rottura degli argini localizzati all'interno di due sistemi lagunari: la laguna di Burcio e la laguna di Basson-Canarin. Lo studio è stato condotto attraverso l'interpretazione di ortofoto ed un’analisi spaziale della vegetazione dal 1949 al 2020. I risultati sono stati integrati con i record delle portate storiche dell’acqua e dei sedimenti (AIPO, Ninfo et al. 2018) e contestualizzati con informazioni derivate dalla letteratura, riguardanti principalmente i tassi di subsidenza, le aree sommerse e la variazione della posizione della linea di riva. I risultati di questa analisi hanno messo in evidenza che, nonostante la subsidenza degli anni 50-60 fosse stata estremamente alta e la vegetazione subì una forte riduzione in estensione nella maggior parte delle aree del delta, alcune porzioni seguirono un trend positivo (Fig. 1). La rottura degli argini e la forte deposizione di sedimenti dovuta alle piene fluviali hanno consentito lo sviluppo della vegetazione all'interno di aree precedentemente bonificate, mostrando come elevati tassi di subsidenza possono essere contrastati da grandi quantità di sedimenti, almeno localmente. Le analisi hanno messo in evidenza come i fattori locali (e.g. la posizione dell’argine ceduto e la sua dimensione, l’elevato apporto sedimentario locale) possono portare a risultati diversi (e.g. presenza della sola piana intertidale o crescita della vegetazione) all'interno dello stesso sistema. Questi fattori sono altamente influenti sullo sviluppo delle zone umide, nonostante generalmente non vengano considerati nelle previsioni a scala globale; difatti questi ultimi tendono a suggerire che le zone umide vegetate non possano tenere il passo con l'innalzamento del livello del mare. Inoltre, la posizione della rottura degli argini nei delta dominati dai fiumi può svolgere un ruolo ancora più importante rispetto ai delta dominati dalle maree, a causa della differente distribuzione delle portate d’acqua e sedimenti tra i rami del fiume. Nel complesso, sebbene il suddetto “managed realignment” sia una strategia determinata dalle scelte umane, un ripristino naturale può avvenire anche senza l’intervento umano. Questo studio dimostra come un approccio basato sulla formazione di crevasse splay possa essere estremamente efficiente nei delta dominati dai fiumi, ma allo stesso tempo non sempre sufficiente. Infatti, diversi altri fattori (e.g. salinità ed il trasporto di sedimenti) alterano la capacità della vegetazione di insediarsi. Di conseguenza è necessario porre particolare attenzione all’utilizzo di questa tecnica di ripristino basata sull’apertura di nuove connessioni, in particolare nei delta dominati dai fiumi piuttosto che nei delta dominati dalle maree.
L'evoluzione delle zone umide del Delta del Po: l'esperienza di un restauro involontario
Riccardo Brunetta
Primo
Writing – Original Draft Preparation
;Paolo CiavolaUltimo
Supervision
2024
Abstract
Negli ultimi decenni, la concezione di difesa costiera è profondamente cambiata. Il precedente approccio basato sullo sfruttamento delle risorse naturali nel breve periodo (Capobianco e Stive, 2000) dove mare e terra venivano considerati come due sistemi differenti è ora ritenuto obsoleto (Slobbe et al., 2013). Ciò ha conseguentemente reso necessario individuare un nuovo equilibrio tra componenti naturali e antropiche e la definizione di nuovi concetti di resilienza costiera (Masselink e Lazarus, 2019). Durante l'ultimo secolo, il delta del Po è stato fortemente influenzato da una combinazione di importanti inondazioni (Piccoli, 1976), mareggiate (Perini et al., 2011), e una forte subsidenza (Caputo et al., 1970); inoltre, la costruzione di dighe e l’esportazione di materiale dai fiumi hanno notevolmente ridotto l'apporto di sedimenti (Bondesan e Simeoni, 1983; Dal Cin, 1983; Dal Cin e Simeoni, 1984). Tutti questi eventi hanno causato la rottura degli argini e la conseguente sommersione di numerosi campi agricoli, portando così alla formazione delle lagune odierne. Nonostante gli ingenti danni causati da questi eventi, nasce un'interessante opportunità per studiare gli effetti di un restauro ambientale involontario, il quale potrà fornire esempio per futuri progetti di gestione e/o ripristino ambientale. Il seguente studio si concentra sulla variazione temporale dell'estensione della vegetazione delle lagune orientali del delta; in particolare esamina due aree principali formatesi a causa della rottura degli argini localizzati all'interno di due sistemi lagunari: la laguna di Burcio e la laguna di Basson-Canarin. Lo studio è stato condotto attraverso l'interpretazione di ortofoto ed un’analisi spaziale della vegetazione dal 1949 al 2020. I risultati sono stati integrati con i record delle portate storiche dell’acqua e dei sedimenti (AIPO, Ninfo et al. 2018) e contestualizzati con informazioni derivate dalla letteratura, riguardanti principalmente i tassi di subsidenza, le aree sommerse e la variazione della posizione della linea di riva. I risultati di questa analisi hanno messo in evidenza che, nonostante la subsidenza degli anni 50-60 fosse stata estremamente alta e la vegetazione subì una forte riduzione in estensione nella maggior parte delle aree del delta, alcune porzioni seguirono un trend positivo (Fig. 1). La rottura degli argini e la forte deposizione di sedimenti dovuta alle piene fluviali hanno consentito lo sviluppo della vegetazione all'interno di aree precedentemente bonificate, mostrando come elevati tassi di subsidenza possono essere contrastati da grandi quantità di sedimenti, almeno localmente. Le analisi hanno messo in evidenza come i fattori locali (e.g. la posizione dell’argine ceduto e la sua dimensione, l’elevato apporto sedimentario locale) possono portare a risultati diversi (e.g. presenza della sola piana intertidale o crescita della vegetazione) all'interno dello stesso sistema. Questi fattori sono altamente influenti sullo sviluppo delle zone umide, nonostante generalmente non vengano considerati nelle previsioni a scala globale; difatti questi ultimi tendono a suggerire che le zone umide vegetate non possano tenere il passo con l'innalzamento del livello del mare. Inoltre, la posizione della rottura degli argini nei delta dominati dai fiumi può svolgere un ruolo ancora più importante rispetto ai delta dominati dalle maree, a causa della differente distribuzione delle portate d’acqua e sedimenti tra i rami del fiume. Nel complesso, sebbene il suddetto “managed realignment” sia una strategia determinata dalle scelte umane, un ripristino naturale può avvenire anche senza l’intervento umano. Questo studio dimostra come un approccio basato sulla formazione di crevasse splay possa essere estremamente efficiente nei delta dominati dai fiumi, ma allo stesso tempo non sempre sufficiente. Infatti, diversi altri fattori (e.g. salinità ed il trasporto di sedimenti) alterano la capacità della vegetazione di insediarsi. Di conseguenza è necessario porre particolare attenzione all’utilizzo di questa tecnica di ripristino basata sull’apertura di nuove connessioni, in particolare nei delta dominati dai fiumi piuttosto che nei delta dominati dalle maree.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.