Da un passo di Africano, D. 47.2.61(60) nonché da un rescritto di Diocleziano in C. 6.1.1 emerge che il servo, fuggendo, ruba se stesso. Un noto saggio di Fritz Pringsheim ha però negato la genuinità delle due attestazioni: il principio servus fugitivus sui furtum facit sarebbe emerso in epoca avanzata, plasmato dalle scuole orientali di diritto. Negli studi successivi, al di là di qualche rapido accenno, il tema è rimasto piuttosto in ombra. Il presente contributo si propone dunque di rivisitarlo, discutendo anzitutto la plausibilità dell’ipotesi ricostruttiva di Pringsheim ed evidenziando i dati che, all’opposto, sembrerebbero ricondurre le origini del principio in discorso all’epoca classica. Un ruolo centrale avrebbe assunto la scuola sabiniana. Gli esponenti di questa scuola, particolarmente inclini a scongiurare gli effetti deleteri della fuga, avevano anzitutto escluso che il padrone perdesse il possesso del servo fuggiasco, per lo meno fino al subentrare di un nuovo possessore. Per evitare poi che il servo, giunto nelle mani di un bonae fidei possessor, venisse addirittura usucapito, si sarebbe equiparata la fuga al furto di sé: in tal modo il fugitivus, qualificabile come res furtiva, sarebbe divenuto inusucapibile.
Di nuovo sul principio 'servus fugitivus sui furtum facit'
Desanti Lucetta
Primo
2022
Abstract
Da un passo di Africano, D. 47.2.61(60) nonché da un rescritto di Diocleziano in C. 6.1.1 emerge che il servo, fuggendo, ruba se stesso. Un noto saggio di Fritz Pringsheim ha però negato la genuinità delle due attestazioni: il principio servus fugitivus sui furtum facit sarebbe emerso in epoca avanzata, plasmato dalle scuole orientali di diritto. Negli studi successivi, al di là di qualche rapido accenno, il tema è rimasto piuttosto in ombra. Il presente contributo si propone dunque di rivisitarlo, discutendo anzitutto la plausibilità dell’ipotesi ricostruttiva di Pringsheim ed evidenziando i dati che, all’opposto, sembrerebbero ricondurre le origini del principio in discorso all’epoca classica. Un ruolo centrale avrebbe assunto la scuola sabiniana. Gli esponenti di questa scuola, particolarmente inclini a scongiurare gli effetti deleteri della fuga, avevano anzitutto escluso che il padrone perdesse il possesso del servo fuggiasco, per lo meno fino al subentrare di un nuovo possessore. Per evitare poi che il servo, giunto nelle mani di un bonae fidei possessor, venisse addirittura usucapito, si sarebbe equiparata la fuga al furto di sé: in tal modo il fugitivus, qualificabile come res furtiva, sarebbe divenuto inusucapibile.File | Dimensione | Formato | |
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