Nel capitolo si è dapprima dato conto di come la giurisprudenza della Corte di Giustizia avesse affrontato la questione della partecipazione dei privati ai fini della configurabilità del requisito del controllo analogo. Si sono poi individuati i presupposti e i limiti che debbono essere soddisfatti, alla luce delle direttive europee del 2014 e della normativa interna di recepimento, per potere considerare ammessa la partecipazione di soggetti privati in enti in house. Dopo aver raffrontato la disciplina contenuta, rispettivamente, nel d.lgs. n. 50/2016 e nel d.lgs. n. 175/2016 - e dato conto delle discrasie sussistenti tra le due discipline - è stata affrontata la questione se la partecipazione dei privati debba essere “prescritta” o soltanto “prevista” dalla normativa nazionale. Si sono poi individuate le ragioni che, sotto il profilo giuridico, hanno indotto il sottoscritto, nonostante la contraria dottrina maggioritaria, ad accogliere sul piano interpretativo quest'ultima soluzione. Inoltre, nell'affrontare la questione, non ancora indagata in dottrina, se le amministrazioni aggiudicatrici non affidanti e controllanti possano divenire socie di una società in house, si sono esposte le ragioni poste a fondamento della soluzione affermativa. E' stata poi esaminata la disciplina che prescrive che la partecipazione di capitali privati non può comportare un potere di controllo o di veto o l’esercizio di una influenza determinante sulla società controllata. Infine, si è affrontata la questione se la partecipazione dei privati possa essere prevista anche da una legge regionale.

La partecipazione detenuta in società in house da privati e da altri enti non affidanti e controllanti

Maltoni Andrea
2020

Abstract

Nel capitolo si è dapprima dato conto di come la giurisprudenza della Corte di Giustizia avesse affrontato la questione della partecipazione dei privati ai fini della configurabilità del requisito del controllo analogo. Si sono poi individuati i presupposti e i limiti che debbono essere soddisfatti, alla luce delle direttive europee del 2014 e della normativa interna di recepimento, per potere considerare ammessa la partecipazione di soggetti privati in enti in house. Dopo aver raffrontato la disciplina contenuta, rispettivamente, nel d.lgs. n. 50/2016 e nel d.lgs. n. 175/2016 - e dato conto delle discrasie sussistenti tra le due discipline - è stata affrontata la questione se la partecipazione dei privati debba essere “prescritta” o soltanto “prevista” dalla normativa nazionale. Si sono poi individuate le ragioni che, sotto il profilo giuridico, hanno indotto il sottoscritto, nonostante la contraria dottrina maggioritaria, ad accogliere sul piano interpretativo quest'ultima soluzione. Inoltre, nell'affrontare la questione, non ancora indagata in dottrina, se le amministrazioni aggiudicatrici non affidanti e controllanti possano divenire socie di una società in house, si sono esposte le ragioni poste a fondamento della soluzione affermativa. E' stata poi esaminata la disciplina che prescrive che la partecipazione di capitali privati non può comportare un potere di controllo o di veto o l’esercizio di una influenza determinante sulla società controllata. Infine, si è affrontata la questione se la partecipazione dei privati possa essere prevista anche da una legge regionale.
2020
978-88-9391-803-9
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