Le considerazioni qui presentate sono emerse a seguito di attività di ricerca maturate all'interno di progetti locali ed internazionali finanziati sia dall'Università di Ferrara che dall'Unione Europea. Saint-Louis du Sénégal è una città descritta da molti viaggiatori come la regina delle acque, dove si confrontano l'Africa, l'Europa e l'immaginario. L'insediamento si è sviluppato sul delta del fiume Senegal che, per la sua ampiezza, assomiglia più ad una laguna. L'Oceano Atlantico è separato dal corso d'acqua da un cordone sabbioso (la Langue de Barbarie) su cui sono sorti i quartieri dei pescatori, mentre la città coloniale con il suo impianto tipicamente ortogonale è cresciuta sull'isola più interna, successivamente denominata l'Ile Saint-Louis in onore di re Luigi IX di Francia. Si tratta, come vedremo, di un sito instabile a causa degli umori variabili del fiume, ma comunque protetto e dunque interessante per insediarvi prima una guarnigione e alcuni mercati e, in seguito, un'intera città. La costa africana occidentale prima della colonizzazione europea, in particolare quella francese, non aveva conosciuto forme di urbanizzazione come le altre regioni interne della fascia Sub-Sahariana. Può una città come Saint-Louis du Sénégal quotidianamente oscurata dai tagli di elettricità; invasa dai rifiuti nelle strade e dai sacchetti di plastica neri impigliati tra i rami dei baobab; con un patrimonio architettonico e urbano che cade a pezzi, nonostante la sua strumentazione urbanistica di buon livello; con un traffico totalmente dipendente dal trasporto privato, altamente inquinante e che non sfrutta per nulla le opportunità costitute dalle sue acque; con quartieri informali cresciuti su territori fragili e a rischio idraulico; può, dicevamo, una città con tali problemi diventare entro il 2030 una città sostenibile? Questa è l’ambiziosa scommessa che ritroviamo nel documento strategico dell’amministrazione “Saint-Louis 2030: Nouvelle Metropole Africaine”, derivato dall’esperienza dell’associazione Atelier International de Maitrise d’Oevre Urbaine ed oggetto della ricerca progettuale presentata in questo contributo, condotta da un gruppo del laboratorio CITER dell’Università di Ferrara, in collaborazione con il Laboratorio Leidi dell’Université Gaston Berger di Saint-Louis e l’Amministrazione Comunale locale. Il lavoro svolto ha riguardato principalmente le strategie di riqualificazione urbana di una città di valore patrimoniale, cresciuta in un contesto ambientale sensibile caratterizzato dalla presenza dell'acqua (il sistema fiume-delta-oceano) e interessato da rilevanti processi di trasformazione.
Acqua come patrimonio: il caso di Saint-Louis du Sénégal
DORATO, Elena;FARINELLA, Romeo
2014
Abstract
Le considerazioni qui presentate sono emerse a seguito di attività di ricerca maturate all'interno di progetti locali ed internazionali finanziati sia dall'Università di Ferrara che dall'Unione Europea. Saint-Louis du Sénégal è una città descritta da molti viaggiatori come la regina delle acque, dove si confrontano l'Africa, l'Europa e l'immaginario. L'insediamento si è sviluppato sul delta del fiume Senegal che, per la sua ampiezza, assomiglia più ad una laguna. L'Oceano Atlantico è separato dal corso d'acqua da un cordone sabbioso (la Langue de Barbarie) su cui sono sorti i quartieri dei pescatori, mentre la città coloniale con il suo impianto tipicamente ortogonale è cresciuta sull'isola più interna, successivamente denominata l'Ile Saint-Louis in onore di re Luigi IX di Francia. Si tratta, come vedremo, di un sito instabile a causa degli umori variabili del fiume, ma comunque protetto e dunque interessante per insediarvi prima una guarnigione e alcuni mercati e, in seguito, un'intera città. La costa africana occidentale prima della colonizzazione europea, in particolare quella francese, non aveva conosciuto forme di urbanizzazione come le altre regioni interne della fascia Sub-Sahariana. Può una città come Saint-Louis du Sénégal quotidianamente oscurata dai tagli di elettricità; invasa dai rifiuti nelle strade e dai sacchetti di plastica neri impigliati tra i rami dei baobab; con un patrimonio architettonico e urbano che cade a pezzi, nonostante la sua strumentazione urbanistica di buon livello; con un traffico totalmente dipendente dal trasporto privato, altamente inquinante e che non sfrutta per nulla le opportunità costitute dalle sue acque; con quartieri informali cresciuti su territori fragili e a rischio idraulico; può, dicevamo, una città con tali problemi diventare entro il 2030 una città sostenibile? Questa è l’ambiziosa scommessa che ritroviamo nel documento strategico dell’amministrazione “Saint-Louis 2030: Nouvelle Metropole Africaine”, derivato dall’esperienza dell’associazione Atelier International de Maitrise d’Oevre Urbaine ed oggetto della ricerca progettuale presentata in questo contributo, condotta da un gruppo del laboratorio CITER dell’Università di Ferrara, in collaborazione con il Laboratorio Leidi dell’Université Gaston Berger di Saint-Louis e l’Amministrazione Comunale locale. Il lavoro svolto ha riguardato principalmente le strategie di riqualificazione urbana di una città di valore patrimoniale, cresciuta in un contesto ambientale sensibile caratterizzato dalla presenza dell'acqua (il sistema fiume-delta-oceano) e interessato da rilevanti processi di trasformazione.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.