La permanenza e la trasformazione di infrastrutture dismesse e dequalificate a scala urbana – ad esempio argini fluviali, rilevati e viadotti ferroviari, ponti stradali – spesso consente di definire aggregazioni morfologiche basate sul principio dell’ibridazione come procedimento capace di rendere compresenti forme, flussi e attività che in precedenza risultano distinti tra loro. I ponti abitati, le strade-mercato, gli argini fluviali come percorsi ambientali, i viadotti ferroviari come elementi che accolgono attività commerciali e per il ‘loisir’, le torri per parcheggi e uffici, le stazioni ferroviarie trasformate in centri commerciali, sono alcune delle possibili manifestazioni di un fenomeno preconizzato nella definizione di “elemento a doppia funzione” ma già presente nella storia dell’architettura e dell’urbanistica come forma che è “misura di un processo di trasformazione”. Un fenomeno di cui si ritrovano tracce nei procedimenti di ibridazione morfologica impiegati nelle corbuseriane super-infra-strutture per Montevideo, San Paolo, Rio de Janeiro e Algeri, come nei progetti di Kenzo Tange per la baia di Tokyo, da Archigram ai metabolisti giapponesi a Yona Friedman, fino all’immaginario autostradale popolato dai ponti-autogrill. Procedimenti largamente esplorati in numerose esperienze contemporanee condotte tra gli altri da Joan Busquets, MVRDV, OMA Rem Koolhaas, Reichen & Robert, Battle & Roig, in cui è stata proposta una “ricerca dell’integrazione” tra il mondo del movimento, del parcheggio e della distribuzione, con quello del passeggio, del tempo libero e del consumo. A partire da queste teorie ed esperienze nelle quali lo “spazio del traffico” rivela le sue potenzialità di “spazio pubblico”, è stata condotta un’attività di ricerca progettuale che ha come obiettivo la riqualificazione urbana del dismesso scalo merci ferroviario di una città di media dimensione.
Infrastrutture ibridate. Il progetto di un nodo intermodale come procedimento di ibridazione morfologica
MASSARENTE, Alessandro
2014
Abstract
La permanenza e la trasformazione di infrastrutture dismesse e dequalificate a scala urbana – ad esempio argini fluviali, rilevati e viadotti ferroviari, ponti stradali – spesso consente di definire aggregazioni morfologiche basate sul principio dell’ibridazione come procedimento capace di rendere compresenti forme, flussi e attività che in precedenza risultano distinti tra loro. I ponti abitati, le strade-mercato, gli argini fluviali come percorsi ambientali, i viadotti ferroviari come elementi che accolgono attività commerciali e per il ‘loisir’, le torri per parcheggi e uffici, le stazioni ferroviarie trasformate in centri commerciali, sono alcune delle possibili manifestazioni di un fenomeno preconizzato nella definizione di “elemento a doppia funzione” ma già presente nella storia dell’architettura e dell’urbanistica come forma che è “misura di un processo di trasformazione”. Un fenomeno di cui si ritrovano tracce nei procedimenti di ibridazione morfologica impiegati nelle corbuseriane super-infra-strutture per Montevideo, San Paolo, Rio de Janeiro e Algeri, come nei progetti di Kenzo Tange per la baia di Tokyo, da Archigram ai metabolisti giapponesi a Yona Friedman, fino all’immaginario autostradale popolato dai ponti-autogrill. Procedimenti largamente esplorati in numerose esperienze contemporanee condotte tra gli altri da Joan Busquets, MVRDV, OMA Rem Koolhaas, Reichen & Robert, Battle & Roig, in cui è stata proposta una “ricerca dell’integrazione” tra il mondo del movimento, del parcheggio e della distribuzione, con quello del passeggio, del tempo libero e del consumo. A partire da queste teorie ed esperienze nelle quali lo “spazio del traffico” rivela le sue potenzialità di “spazio pubblico”, è stata condotta un’attività di ricerca progettuale che ha come obiettivo la riqualificazione urbana del dismesso scalo merci ferroviario di una città di media dimensione.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.