Introduzione. In Italia, casi di Leishmaniosi (L) si registrano più frequentemente al Sud, in zone rurali e peri-urbane. Recenti dati epidemiologici hanno dimostrato una diffusione del parassita e del vettore competente anche in alcune regioni Settentrionali, a causa dei recenti cambiamenti climatici con incremento della T°. In Emilia-Romagna, tra il 1999 e il 2011, sono stati diagnosticati 44 casi di L di cui 26 viscerale (Lv) e 18 cutanea (Lc). Nel 2013, l’incidenza è aumentata (30 casi Lv, 9 Lc). La provincia di Bologna è risultata la più interessata (20 casi), in particolare, Valle del Samoggia, Sasso Marconi, Monterenzio, Pianoro ed Imola. L’incremento potrebbe essere attribuito anche all’impiego di farmaci immunosoppressivi (chemioterapici, cortisonici, farmaci biotecnologici [FB]) per il trattamento di malattie autoimmuni, neoplasie e trapianti, arricchendo quindi la categoria dei soggetti potenzialmente vulnerabili nei confronti di questa parassitosi. Obiettivo dello studio è stato quello di attestare la prevalenza (DNA circolante) dell’infezione da L. infantum (Li) in pazienti immunocompetenti affetti da reumatismi infiammatori cronici in trattamento immunosoppressivo con FB, correlando l’eventuale positività genomica alla zona di residenza. Materiali e Metodi. Sono stati retrospettivamente analizzati PBMC di pazienti affetti da artrite reumatoide, spondilite anchilosante ed artrite psoriasica, in trattamento con FB da almeno 5 anni (2009-2014). Ciascun campione è stato sottoposto a PCR per Li presso la Sezione Malattie Infettive dell’Università di Ferrara. L’analisi statistica è stata condotta mediante Test del Chi Quadro corretto secondo Yates. Risultati. Dei 55 campioni analizzati, 38 erano donne (69%) e 17 uomini (30%) con età media di 53.2 (range 29-78 anni). In 21/55 (38%) si riscontrava DNA circolante di Li; di essi 14 (66%) erano donne e 7 (33%) uomini. 15 pazienti (71%) risiedevano in zone rurali, mentre 6 (28%) in aree urbane, contro i 34 pazienti risultati negativi per Li DNA, di cui solo 9 risiedevano in aree rurali (26%) e 25 in aree urbane (73%) (p≤0.0028). Le province con più elevata incidenza sono risultate quelle di Ravenna (9 casi), Imola (7 casi) e Rovigo (3 casi), mentre solo 2 pazienti erano residenti a Ferrara, entrambi in zone rurali. Conclusioni. Riattivazioni di infezioni da L sono state sporadicamente descritte in pazienti con malattie reumatiche sottoposti a trattamento con FB anche se dati definitivi sulla loro reale incidenza non sono disponibili. Lo screening di routine non contempla attualmente, la ricerca preliminare di infezioni subcliniche da patogeni opportunisti e da L spesso difficilmente identificabili. In assenza di dati epidemiologici omogenei e di indicazioni sulla gestione di tali infezioni in pazienti esposti ad FB ed esenti da deficit immunitari, potrebbe rivelarsi opportuna una sorveglianza capillare ed accurato screening, soprattutto in aree rurali ad elevata prevalenza di DNA.
Elevato riscontro di DNA circolante di Leishmania infantum in soggetti immunocompetenti affetti da malattie reumatologiche e trattati con farmaci biotecnologici.
MARITATI, Martina;HANAU, Stefania;BELLINI, Tiziana;DALLOCCHIO, Franco Pasquale Filippo;BONAZZA, Sara;GOVONI, Marcello;CONTINI, Carlo
2015
Abstract
Introduzione. In Italia, casi di Leishmaniosi (L) si registrano più frequentemente al Sud, in zone rurali e peri-urbane. Recenti dati epidemiologici hanno dimostrato una diffusione del parassita e del vettore competente anche in alcune regioni Settentrionali, a causa dei recenti cambiamenti climatici con incremento della T°. In Emilia-Romagna, tra il 1999 e il 2011, sono stati diagnosticati 44 casi di L di cui 26 viscerale (Lv) e 18 cutanea (Lc). Nel 2013, l’incidenza è aumentata (30 casi Lv, 9 Lc). La provincia di Bologna è risultata la più interessata (20 casi), in particolare, Valle del Samoggia, Sasso Marconi, Monterenzio, Pianoro ed Imola. L’incremento potrebbe essere attribuito anche all’impiego di farmaci immunosoppressivi (chemioterapici, cortisonici, farmaci biotecnologici [FB]) per il trattamento di malattie autoimmuni, neoplasie e trapianti, arricchendo quindi la categoria dei soggetti potenzialmente vulnerabili nei confronti di questa parassitosi. Obiettivo dello studio è stato quello di attestare la prevalenza (DNA circolante) dell’infezione da L. infantum (Li) in pazienti immunocompetenti affetti da reumatismi infiammatori cronici in trattamento immunosoppressivo con FB, correlando l’eventuale positività genomica alla zona di residenza. Materiali e Metodi. Sono stati retrospettivamente analizzati PBMC di pazienti affetti da artrite reumatoide, spondilite anchilosante ed artrite psoriasica, in trattamento con FB da almeno 5 anni (2009-2014). Ciascun campione è stato sottoposto a PCR per Li presso la Sezione Malattie Infettive dell’Università di Ferrara. L’analisi statistica è stata condotta mediante Test del Chi Quadro corretto secondo Yates. Risultati. Dei 55 campioni analizzati, 38 erano donne (69%) e 17 uomini (30%) con età media di 53.2 (range 29-78 anni). In 21/55 (38%) si riscontrava DNA circolante di Li; di essi 14 (66%) erano donne e 7 (33%) uomini. 15 pazienti (71%) risiedevano in zone rurali, mentre 6 (28%) in aree urbane, contro i 34 pazienti risultati negativi per Li DNA, di cui solo 9 risiedevano in aree rurali (26%) e 25 in aree urbane (73%) (p≤0.0028). Le province con più elevata incidenza sono risultate quelle di Ravenna (9 casi), Imola (7 casi) e Rovigo (3 casi), mentre solo 2 pazienti erano residenti a Ferrara, entrambi in zone rurali. Conclusioni. Riattivazioni di infezioni da L sono state sporadicamente descritte in pazienti con malattie reumatiche sottoposti a trattamento con FB anche se dati definitivi sulla loro reale incidenza non sono disponibili. Lo screening di routine non contempla attualmente, la ricerca preliminare di infezioni subcliniche da patogeni opportunisti e da L spesso difficilmente identificabili. In assenza di dati epidemiologici omogenei e di indicazioni sulla gestione di tali infezioni in pazienti esposti ad FB ed esenti da deficit immunitari, potrebbe rivelarsi opportuna una sorveglianza capillare ed accurato screening, soprattutto in aree rurali ad elevata prevalenza di DNA.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.