Il giacimento di Guado San Nicola apporta un contributo importante sulla conoscenza delle dinamiche del popolamento umano del bacino mediterraneo per la ricchezza della documentazione, per lo stato di conservazione dei reperti, per la cronologia e per la presenza di aspetti decisamente innovativi in termini di evoluzione culturale quali la padronanza del metodo Levallois e l’uso di percussori in corno di cervo. L’esplorazione sistematica del giacimento (98 m2) ha evidenziato una articolata serie stratigrafica dello spessore di oltre due metri, ubicata su un terrazzo fluviale posto nella parte distale dell’antico conoide del Torrente Lorda. L’inquadramento lito-, morfo- e pedostratigrafico suggerirebbe l’attribuzione agli inizi dell’Ultimo Interglaciale, ma la datazione di tre unità litostratigrafiche sovrapposte col met odo 40Ar/39Ar su cristalli di sanidino ha dato: unità US C (400±9 ka), US B (379±8 ka) e US TUFO (345±9 ka). L’antichità sarebbe confermata dalle datazioni combinate tra uranium–thorium (U-Th) e risonanza elettronica di spin (ESR) applicati a 6 denti di cavallo e rinoceronte provenienti dai livelli archeologici delle US C e B. L’età media ottenuta è di 364±36 ka, in accordo con quelle 40Ar/39Ar e suggerirebbe invece l’attribuzione alla fine del MIS 11. Tale attribuzione è confermata anche dalla presenza di Cervus elaphus acoronatus e dalle caratteristiche tecnico-tipologiche delle industrie litiche. L’insieme faunistico, proveniente dalle US C e B, oltre che da Cervus elaphus acoronatus, si caratterizza per la presenza di Ursus sp., Elephas sp., Equus sp., Stephanorhinus kirchbergensis, Megaloceros sp., Bos primigenius che configurano un ambiente temperato caldo. I reperti litici sono stati ottenuti dallo sfruttamento di lastrine di selce di scadente qualità per la presenza di intrusioni e piani di fratturazione preferenziale. Frequenti sono i bifacciali di forma e dimensione variabile, spesso ben lavorati sull’estremità appuntita e quasi sempre con base risparmiata; la componente su scheggia si qualifica per la presenza di manufatti Levallois. Si annoverano reperti anche su supporto in calcare.
L'occupazione umana del Pleistocene medio di Guado San Nicola (Monteroduni, Molise)
PERETTO, Carlo;ARZARELLO, Marta;LEMBO, Giuseppe;MUTTILLO, Brunella;RUFO, MARIA ANGELA;SALA, Benedetto;THUN HOHENSTEIN, Ursula;TESSARI, Umberto;TURRINI, Maria Chiara;VACCARO, Carmela
2013
Abstract
Il giacimento di Guado San Nicola apporta un contributo importante sulla conoscenza delle dinamiche del popolamento umano del bacino mediterraneo per la ricchezza della documentazione, per lo stato di conservazione dei reperti, per la cronologia e per la presenza di aspetti decisamente innovativi in termini di evoluzione culturale quali la padronanza del metodo Levallois e l’uso di percussori in corno di cervo. L’esplorazione sistematica del giacimento (98 m2) ha evidenziato una articolata serie stratigrafica dello spessore di oltre due metri, ubicata su un terrazzo fluviale posto nella parte distale dell’antico conoide del Torrente Lorda. L’inquadramento lito-, morfo- e pedostratigrafico suggerirebbe l’attribuzione agli inizi dell’Ultimo Interglaciale, ma la datazione di tre unità litostratigrafiche sovrapposte col met odo 40Ar/39Ar su cristalli di sanidino ha dato: unità US C (400±9 ka), US B (379±8 ka) e US TUFO (345±9 ka). L’antichità sarebbe confermata dalle datazioni combinate tra uranium–thorium (U-Th) e risonanza elettronica di spin (ESR) applicati a 6 denti di cavallo e rinoceronte provenienti dai livelli archeologici delle US C e B. L’età media ottenuta è di 364±36 ka, in accordo con quelle 40Ar/39Ar e suggerirebbe invece l’attribuzione alla fine del MIS 11. Tale attribuzione è confermata anche dalla presenza di Cervus elaphus acoronatus e dalle caratteristiche tecnico-tipologiche delle industrie litiche. L’insieme faunistico, proveniente dalle US C e B, oltre che da Cervus elaphus acoronatus, si caratterizza per la presenza di Ursus sp., Elephas sp., Equus sp., Stephanorhinus kirchbergensis, Megaloceros sp., Bos primigenius che configurano un ambiente temperato caldo. I reperti litici sono stati ottenuti dallo sfruttamento di lastrine di selce di scadente qualità per la presenza di intrusioni e piani di fratturazione preferenziale. Frequenti sono i bifacciali di forma e dimensione variabile, spesso ben lavorati sull’estremità appuntita e quasi sempre con base risparmiata; la componente su scheggia si qualifica per la presenza di manufatti Levallois. Si annoverano reperti anche su supporto in calcare.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.