La fascia costiera delle Marche meridionali è stata interessata, per oltre sei secoli, da una coltivazione specialistica, quella degli agrumi, che oltre ad influenzare la cucina e le tradizioni locali, ha segnato parte del paesaggio agricolo, attraverso la creazione di strutture architettoniche appositamente dedicate. Dalla ricerca d’archivio e dal confronto con le testimonianze materiali ancora esistenti appare, infatti, evidente che ci si trova di fronte a una realtà produttiva così viva e redditizia da portare alla costruzione di veri e propri giardini in muratura, altamente specializzati, ove ospitare la parte più rilevante della produzione. Il giardino d’agrumi assume, come di consueto, il duplice ruolo di luogo produttivo dell’alimento più prezioso e redditizio dell’economia agricola marchigiana e di luogo di delizia, di paradiso in terra dove la produzione agricola si sposa con il fascino ancestrale suscitato dagli agrumi. Il valore di diletto, conferito al giardino, si rafforza appunto nel XVIII e XIX secolo, momento di massima espansione delle residenze rurali della nobiltà terriera prima e della borghesia poi, che vengono dotate di piccoli giardini floreali, normalmente del tipo all’italiana. In questi l’arancio e il limone diventano padroni indiscussi, posti di spalliera o nei vasi, a decorare vialetti e muri di contenimento. La fascia costiera fermana si ricopre rapidamente di piccoli e grandi giardini paradisiaci, dove gli agrumi, piante sempreverdi, dalle forme aggraziate e fortemente profumate, diventano protagonisti indiscussi dell’ozium e al contempo della concretezza delle classi reggenti locali.
I “parapetti” lignei dei giardini d’agrumi marchigiani: tradizione costruttiva e problematiche conservative di un sistema a secco per la protezione invernale degli agrumi.
AMBROGIO, Keoma;CONFORTI, Annalisa
2009
Abstract
La fascia costiera delle Marche meridionali è stata interessata, per oltre sei secoli, da una coltivazione specialistica, quella degli agrumi, che oltre ad influenzare la cucina e le tradizioni locali, ha segnato parte del paesaggio agricolo, attraverso la creazione di strutture architettoniche appositamente dedicate. Dalla ricerca d’archivio e dal confronto con le testimonianze materiali ancora esistenti appare, infatti, evidente che ci si trova di fronte a una realtà produttiva così viva e redditizia da portare alla costruzione di veri e propri giardini in muratura, altamente specializzati, ove ospitare la parte più rilevante della produzione. Il giardino d’agrumi assume, come di consueto, il duplice ruolo di luogo produttivo dell’alimento più prezioso e redditizio dell’economia agricola marchigiana e di luogo di delizia, di paradiso in terra dove la produzione agricola si sposa con il fascino ancestrale suscitato dagli agrumi. Il valore di diletto, conferito al giardino, si rafforza appunto nel XVIII e XIX secolo, momento di massima espansione delle residenze rurali della nobiltà terriera prima e della borghesia poi, che vengono dotate di piccoli giardini floreali, normalmente del tipo all’italiana. In questi l’arancio e il limone diventano padroni indiscussi, posti di spalliera o nei vasi, a decorare vialetti e muri di contenimento. La fascia costiera fermana si ricopre rapidamente di piccoli e grandi giardini paradisiaci, dove gli agrumi, piante sempreverdi, dalle forme aggraziate e fortemente profumate, diventano protagonisti indiscussi dell’ozium e al contempo della concretezza delle classi reggenti locali.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.