Il presente contributo intende illustrare l’esperienza, in corso, di programmazione dell’intervento di conservazione delle superfici della Chiesa di Santa Maria Annunciata (Cappella dell’Ospedale San Carlo Borromeo, Milano), progettata e realizzata da Gio Ponti tra il 1960 e il 1969. Le azioni finalizzate alla conservazione della chiesa sono state avviate grazie alla lungimiranza della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia che, riconoscendo il valore artistico dell’opera con Decreto del 22/01/2005, ha applicato le disposizioni specifiche di tutela del nuovo Codice, richiedendo appositi contributi ministeriali (ai sensi dell’art. 11 comma 1 lettera e, D.lgs 42/2004). Una prima quota di finanziamenti è stata destinata allo studio delle problematiche delle superfici esterne e alla valutazione degli interventi ammissibili, nell’intento di procedere, in fasi successive, all’esecuzione del cantiere per lotti funzionali, prefigurabili a seguito della campagna di studio. Data la complessità delle problematiche e la presenza di fenomeni di degrado, anche noti, ma su supporti che mancano di un’adeguata letteratura scientifica, la Direzione ha valutato che la fase conoscitiva dovesse essere attuata attraverso la conduzione di un cantiere di studio, prevedendo la costituzione di un gruppo di lavoro interdisciplinare per la determinazione dei diversi aspetti. La chiesa di Santa Maria costituiva, per lo stesso Ponti, un manifesto della propria espressività architettonica nel quale la sperimentazione interessa l’articolazione volumetrica e le soluzioni tecnologiche che caratterizzano la ‘architettura come cristallo’. L’innovazione si esprime anche nella scelta dei materiali e nella loro messa in opera, con soluzioni che si sono dimostrate altamente degradabili e che pongono scelte problematiche sul piano conservativo (superfici in ceramica con evidenti fessurazioni, pilastri in calcestruzzo armato a vista con distacchi e corrosioni, fasce di vetromattone con rotture e mancanze, diffuso deposito superficiale sulle superfici ceramiche ‘a diamante’). L’avvio del cantiere di studio ha interessato due campate, lato nord e lato sud, rappresentative delle diverse problematiche, in cui si denotano differenti livelli di ‘intensità’ delle manifestazioni del degrado, in funzione dell’articolazione architettonica, dell’esposizione e delle condizioni ambientali. Gli obiettivi perseguiti sono stati: la conoscenza del manufatto attraverso la raccolta e la schedatura del materiale storico archivistico, il rilievo geometrico complessivo della chiesa e di dettaglio delle due campate, la schedatura dei materiali costitutivi (rilievo, documenti di cantiere, caratterizzazione chimico-fisica), la mappatura delle forme di degrado con relativo progetto diagnostico, la sperimentazione di tipologie d’intervento idonee e compatibili su aree campione. A seguito delle prime fasi di analisi e sperimentazione, sono state elaborate linee guida d’interevento da estendere all’intera superficie esterna, secondo lotti da prevedere in funzione dei finanziamenti concessi. In questa direzione, le peculiarità dell’architettura novecentesca facilitano la concreta previsione degli interventi, per la serialità e modularità del progetto e dei materiali, la vastità di superfici omogenee, la disponibilità documentaria. L’intervento nella sua completa articolazione si prefigura come un vero e proprio restauro, e quindi operazione straordinaria, tuttavia il cantiere di studio ha messo in luce che su un’opera novecentesca molti dei fattori di degrado, fortemente impattanti, possono essere realmente rallentati attraverso programmate azioni manutentive ordinarie.
Il cantiere di studio come intervento programmatico per la conservazione. Il caso della chiesa di Santa Maria Annunciata presso l'Ospedale San Carlo Borromeo, Milano (Gio Ponti, 1960-1969)
DI FRANCESCO, Carla;FABBRI, Rita;AMBROGIO, Keoma;CONFORTI, Annalisa
2009
Abstract
Il presente contributo intende illustrare l’esperienza, in corso, di programmazione dell’intervento di conservazione delle superfici della Chiesa di Santa Maria Annunciata (Cappella dell’Ospedale San Carlo Borromeo, Milano), progettata e realizzata da Gio Ponti tra il 1960 e il 1969. Le azioni finalizzate alla conservazione della chiesa sono state avviate grazie alla lungimiranza della Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia che, riconoscendo il valore artistico dell’opera con Decreto del 22/01/2005, ha applicato le disposizioni specifiche di tutela del nuovo Codice, richiedendo appositi contributi ministeriali (ai sensi dell’art. 11 comma 1 lettera e, D.lgs 42/2004). Una prima quota di finanziamenti è stata destinata allo studio delle problematiche delle superfici esterne e alla valutazione degli interventi ammissibili, nell’intento di procedere, in fasi successive, all’esecuzione del cantiere per lotti funzionali, prefigurabili a seguito della campagna di studio. Data la complessità delle problematiche e la presenza di fenomeni di degrado, anche noti, ma su supporti che mancano di un’adeguata letteratura scientifica, la Direzione ha valutato che la fase conoscitiva dovesse essere attuata attraverso la conduzione di un cantiere di studio, prevedendo la costituzione di un gruppo di lavoro interdisciplinare per la determinazione dei diversi aspetti. La chiesa di Santa Maria costituiva, per lo stesso Ponti, un manifesto della propria espressività architettonica nel quale la sperimentazione interessa l’articolazione volumetrica e le soluzioni tecnologiche che caratterizzano la ‘architettura come cristallo’. L’innovazione si esprime anche nella scelta dei materiali e nella loro messa in opera, con soluzioni che si sono dimostrate altamente degradabili e che pongono scelte problematiche sul piano conservativo (superfici in ceramica con evidenti fessurazioni, pilastri in calcestruzzo armato a vista con distacchi e corrosioni, fasce di vetromattone con rotture e mancanze, diffuso deposito superficiale sulle superfici ceramiche ‘a diamante’). L’avvio del cantiere di studio ha interessato due campate, lato nord e lato sud, rappresentative delle diverse problematiche, in cui si denotano differenti livelli di ‘intensità’ delle manifestazioni del degrado, in funzione dell’articolazione architettonica, dell’esposizione e delle condizioni ambientali. Gli obiettivi perseguiti sono stati: la conoscenza del manufatto attraverso la raccolta e la schedatura del materiale storico archivistico, il rilievo geometrico complessivo della chiesa e di dettaglio delle due campate, la schedatura dei materiali costitutivi (rilievo, documenti di cantiere, caratterizzazione chimico-fisica), la mappatura delle forme di degrado con relativo progetto diagnostico, la sperimentazione di tipologie d’intervento idonee e compatibili su aree campione. A seguito delle prime fasi di analisi e sperimentazione, sono state elaborate linee guida d’interevento da estendere all’intera superficie esterna, secondo lotti da prevedere in funzione dei finanziamenti concessi. In questa direzione, le peculiarità dell’architettura novecentesca facilitano la concreta previsione degli interventi, per la serialità e modularità del progetto e dei materiali, la vastità di superfici omogenee, la disponibilità documentaria. L’intervento nella sua completa articolazione si prefigura come un vero e proprio restauro, e quindi operazione straordinaria, tuttavia il cantiere di studio ha messo in luce che su un’opera novecentesca molti dei fattori di degrado, fortemente impattanti, possono essere realmente rallentati attraverso programmate azioni manutentive ordinarie.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.