Sorprendente e spesso imprevedibile apparato economico, il mondo dell’arte è anche un potente produttore di simboli. Forse più di altri oggetti, l’arte contribuisce infatti a rendere visibili e stabili le categorie di una cultura, producendo e riproducendo confini e relazioni sociali. Come ha suggerito l’antropologia dell’arte, gli oggetti d’arte tessono un Art Nexus, un complesso vitale ed animato che funziona come un grande significante, una sorta di agente sociale che crea connessioni fra individui e gruppi. Nonostante la pervasiva presenza di oggetti, messaggi e immagini d’arte nella nostra vita quotidiana poco si è indagato su quella ‘zona grigia’ che va dalla sfera della circolazione (del/i mercati d’arte) alla sfera del consumo (l’ingresso degli oggetti d’arte nelle case e nelle relazioni), e che rappresenta il lato ‘pratico’ dell’estetizzazione della vita quotidiana. Il paper si interroga su come il ‘consumo d’arte’ - ovvero l’acquisto e il possesso di oggetti d’arte - produca e plasmi identità individuali e collettive - ad esempio creando relazioni orizzontali fra individui (ad es. tramite un’economia privata dell’arte come dono) e relazioni ‘verticali’ fra generazioni, tramite la trasmissione ereditaria di oggetti d’arte. D’altronde l’arte, a partire dagli ultimi decenni del ‘900 e con una espansione dei mercati senza precedenti, ha preso le forme di un vero e proprio piacere di massa, come pratica immateriale, distintiva e culturale ‘per eccellenza’. Seguendo infatti i suggerimenti degli studi sulla cultura materiale e mediale, il consumatore d‘arte’ può essere visto come un attore sociale che attribuisce il ‘proprio’ significato a questi particolari oggetti culturali, a partire dal proprio habitus: come occasionale fruitore/acquirente, come piccolo collezionista, come grande collezionista, come professionista dei mondi dell’arte. Dati di una ricerca su 600 visitatori della più importante fiera d’arte in Italia (ArteFiera a Bologna) suggeriscono che comperare arte e possederla rappresenta una distintiva pratica culturale : per costruire la propria identità, per rafforzare un’azione inclusiva - in quanto reale o immaginaria appartenenza a gruppi di gusto - , per sperimentare infine forme di esperienza esclusiva, attraverso oggetti considerati ‘unici e originali’ - cioè auratici - in un’epoca di oggetti riprodotti e seriali.
Oggetti d'arte, oggetti relazionali. Il consumo d'arte come pratica identitaria
TRASFORINI, Maria Antonietta
2006
Abstract
Sorprendente e spesso imprevedibile apparato economico, il mondo dell’arte è anche un potente produttore di simboli. Forse più di altri oggetti, l’arte contribuisce infatti a rendere visibili e stabili le categorie di una cultura, producendo e riproducendo confini e relazioni sociali. Come ha suggerito l’antropologia dell’arte, gli oggetti d’arte tessono un Art Nexus, un complesso vitale ed animato che funziona come un grande significante, una sorta di agente sociale che crea connessioni fra individui e gruppi. Nonostante la pervasiva presenza di oggetti, messaggi e immagini d’arte nella nostra vita quotidiana poco si è indagato su quella ‘zona grigia’ che va dalla sfera della circolazione (del/i mercati d’arte) alla sfera del consumo (l’ingresso degli oggetti d’arte nelle case e nelle relazioni), e che rappresenta il lato ‘pratico’ dell’estetizzazione della vita quotidiana. Il paper si interroga su come il ‘consumo d’arte’ - ovvero l’acquisto e il possesso di oggetti d’arte - produca e plasmi identità individuali e collettive - ad esempio creando relazioni orizzontali fra individui (ad es. tramite un’economia privata dell’arte come dono) e relazioni ‘verticali’ fra generazioni, tramite la trasmissione ereditaria di oggetti d’arte. D’altronde l’arte, a partire dagli ultimi decenni del ‘900 e con una espansione dei mercati senza precedenti, ha preso le forme di un vero e proprio piacere di massa, come pratica immateriale, distintiva e culturale ‘per eccellenza’. Seguendo infatti i suggerimenti degli studi sulla cultura materiale e mediale, il consumatore d‘arte’ può essere visto come un attore sociale che attribuisce il ‘proprio’ significato a questi particolari oggetti culturali, a partire dal proprio habitus: come occasionale fruitore/acquirente, come piccolo collezionista, come grande collezionista, come professionista dei mondi dell’arte. Dati di una ricerca su 600 visitatori della più importante fiera d’arte in Italia (ArteFiera a Bologna) suggeriscono che comperare arte e possederla rappresenta una distintiva pratica culturale : per costruire la propria identità, per rafforzare un’azione inclusiva - in quanto reale o immaginaria appartenenza a gruppi di gusto - , per sperimentare infine forme di esperienza esclusiva, attraverso oggetti considerati ‘unici e originali’ - cioè auratici - in un’epoca di oggetti riprodotti e seriali.I documenti in SFERA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.